perchè #Macao fa paura al potere?

Perchè?
E’ la domanda che più persone si ponevano ieri pomeriggio.
“Perchè?” Si chiedeva una ragazza coi dreads “Perchè Ligresti lo rivuole sto cazzo di palazzo, non glie ne fregava niente fino a domenica scorsa, è stato quindici anni in disuso!!”.
Uno dei pochi pochi casi al mondo in cui nella domanda è già contenuta la risposta: non gliene fregava un cazzo fino a quando alla ragazza coi dreads non gliene fregava un cazzo.
Veloce cronologia della giornata:

  1. alba: arrivano i cops
  2. poi si effettua lo sgombero senza particolari tafferugli
  3. poi arriva Dario Fo, pioniere delle occupazioni come forma artistica di protesta e con una lucidità incredibile usa la metafora del pezzo di pane per rispondere alla ragazza coi dreads
  4. poi si organizza come forma di protesta una assemblea permanente davanti a M^c^o
  5. poi arrivano vari artisti più o meno famosi a portare la  loro solidarietà
  6. poi arriva B. Rizzo che difende gli occupanti sgomberati
  7. poi si continua l’assemblea mentre arriva sempre più gente
  8. poi arriva il Sig. Sindaco e promette una nuova area per continuare il progetto nato con l’occupazione della torre Galfa
  9. infine la sera concerto pubblico, palco, etc etc
Al di fuori della cronologia degli eventi, che ha il solo scopo di chiarire a grandi linee come si è svolta la giornata, la cosa sulla quale il sottoscritto poster vorrebbe che si soffermassero le altrui coscienze è la velocità intercorsa tra la “Presa” della torre Galfa ed il suo sgombero (poco più di una settimana). Certo, direte voi altrui coscienze, in una città come Milano in cui il fenomeno delle occupazioni di spazi sociali è ostracizzato aspramente (vedi Bottiglieria) non dovrebbe stupire che il Sig. Ligresti, resosi conto di quanto stava per accadere, abbia fatto pressioni su Prefettura & C. per liberare il palazzo che attraverso una sua società gli appartiene. Non dovrebbe stupire le altrui coscienze neanche il fatto che una palazzina di 21 piani inabitata da 15 anni fosse reclamata come urgente dal suo proprietario de facto, tuttavia esiste un aspetto significativo, che nei vari tiggì, locali e non, che parlavano ieri dell’argomento è rimasto inespresso: lo sgombero era un pretesto, una provocazione (ovviamente), ma il vero motivo della repentinità dell’azione dello Stato è stato la paura. Come lo stesso Dario Fo prova a spiegare : “questi si sono cagati sotto”.
ed eccoci di nuovo alla domoanda del titolo: perchè paura? perchè in meno di una settimana M^c^o è stato visitato da una media di 700 persone al giorno, partendo dal centinaio che l’hanno occupato ed arrivando a domenica scorsa ad un totale di più di duemila persone; perchè ad una struttura decrepita e senza niente (elettricità, tubature, a volte finestre) si stavano interessando persone comuni (giovani, famiglie, artisti) ed anche celebrità (Picco, Fo, Bignardi etc); perchè come si evince dai video di M^c^o Vox Populi durante le Passeggiate Verticali si incontrava dalla famiglia alla signora Nostalgica, dal giovane “alternativo” (odio questa parola) al fotografo curioso, ed in poco tempo tutta queste gente stava diventando consapevole delle potenzialità offerte da uno spazio pubblico di natura oscenamente proletaria.
Il solo fatto di essere consapevole della Potenza (non a caso in maiuscolo) che esercitava l’occupazione e la rivendicazione di un luogo dove promuovere la cultura (non a caso in minuscolo) a 360°, senza borghesismi accademici o luoghi formali di rappresentazione, faceva scattare qualcosa al visitatore, qualcosa di profondo ed intenso.
Se pensiamo al mare come metafora junghiana del subconscio, imamginatevi M^c^o come metafora del superego. La vecchia, decrepita e malandata palazzina suscita nel passante, così come nell’occupante, l’ idea che attraverso l’espressione artistica (o meglio la technè degli attori tragici greci), di qualsiasi natura o forma essa sia (anche scrivere con un pennarello una poesia su un muro), si stia PRODUCENDO cambiamento. In maniera effettiva, reale.
Il Progetto M^c^o rende facile a chiunque partecipare, contribuire alla condivisione del bisogno di arte e di spazi nuovi dove rappresentarla. Costringe chiunque ne senta parlare a scegliere una parte; ti obbliga ad essere parte attiva in un processo. Ti costringe a fare i conti con la voglia biologicamente umana di conservare l’equilibrio raggiunto, e quella metafisicamente umana di esplorare l’ignoto; ti scuote perchè ti mette davanti ad una realtà che è costruita sulla coscienza collettiva e ti invoglia a essere più partecipe perchè il tuo ego ne HA BISOGNO: vero e proprio doping per il tuo spirito critico.
Ed ecco perchè Pisapia è corso ieri a tranquilizzare il popolo di M^c^o (“…..Il Comune vi darà un altro spazio….”), perchè le menti erano sveglie ed incazzate; le stesse che hanno sostenuto Pisapia e l’idea sulla quale ha vinto le amministrative:  Io sono il cambiamento. Il Sindaco ha capito che si stava giocando una partita politicamente importante e si è precipitato ad offrire nuovi luoghi al Progetto (di nuovo paura).
La paura deve aver attanagliato anche Ligresti sia livello superficiale, sia ad un livello più profondo: superficialmente la paura di non riottenere la sua proprietà “inutilizzata” e quindi di perdere parte del fondamento del proprio potere (ovvero la percezione che si ha dello stesso). L’effetto immediato di questo processo è quello di produrre una risposta esagerata come manifestazione della propria capacità di influenza: “chiamo il Prefetto, il Sindaco, il Questore e vi faccio sbattere fuori”; che ricorda molto il bambino che non sapendo bene giocare a calcio urla: “il pallone è mio e non si gioca più”.
Inconsciamente però si deve essere sentito come l’Uomo davanti alla giungla tropicale di Lorenz, oppure l’Uomo davanti allo spazio profondo di Ballard.
Impaurito.